Ho notato che molte persone si stupiscono ed hanno reazioni contrastanti quando si sfodera una certa ironia nell'affrontare o raccontare i piccoli e grandi dolori che cronicamente si abbattono sui nostri travagliati destini mortali!
Da una parte, l'umorismo su certi argomenti viene considerato fuori luogo, sconveniente, quasi una mancanza di rispetto nei confronti di sè stessi o di chi sta passando lo stesso percorso "con ben altro spirito". Insomma, prendendo a motto l'avvertimento "Risus abundat in ore stultorum" (infarcire i post con qualche citazione latina ad hoc fa figo assai!), alcuni credono che ridere delle proprie sventure sia sintomo di superficialità oppure scarso discernimento. Generalmente ti guardano con compatimento o supremo sdegno e se ne vanno scrollando la serissima testolina.
Altri invece ne sottolineano il lato positivo, addirittura quasi eroico, come se prendersi un po' in giro nonostante i lagrimotti appesi alle ciglia sia segno di stoico coraggio e superiore levatura morale. Solitamente in questa categoria rientrano gli amici che, si sa, tendono sempre a vedere le cose col filtro rosa dell'affetto.
In realtà, forse c'è una spiegazione più semplice.