Avete presente il miracolo economico marchigiano?
Quello che ha spinto la nostra regione a lasciarsi alle spalle un retaggio di povertà contadina e arretratezza tecnologica per lanciare un modello industriale basato su un microcosmo di piccole ma agguerritissime imprese a conduzione familiare, che sfruttavano i "metalmezzadri" (nella brillante definizione del nostro illustre conterraneo Fuà) senza però creare lacerazioni insanabili nel tessuto sociale e che impiantavano industrie nelle loro zone, senza infrastrutture ma anche senza fratture, cioè senza creare gli agglomerati che hanno stravolto il Nord. Piccole ditte che sono cresciute grazie alla lungimiranza dei fondatori e all'incredibile passione per il lavoro dei marchigiani (che a stacanovismo se la giocano alla pari coi cinesi, e lo dico per esperienza personale) e che, quatte quatte, hanno scalato i vertici del mercato e le classifiche del benessere, arrivando a dare lavoro a migliaia di persone ed aprire sedi in tutta Italia e poi all'estero.
Un modello talmente efficiente da essere oggetto di studi ed analisi che ne evidenziavano le peculiarità vincenti: la flessibilità, la snellezza organizzativa, il dinamismo imprenditoriale. Un modello per cui le Marche sono diventate sinonimo di eccellenza in moltissimi settori (dall'abbigliamento ai mobili, dagli elettrodomestici agli strumenti musicali, dalle scarpe all'elettronica, yacht e così via), ed incarnato da vere e proprie dinastie di industriali.
Bene, dimenticatevelo, è morto.
Era già entrato in crisi qualche anno fa, con i nuovi scenari economici mondiali e l'avanzare delle produzioni massificate a bassissimo costo dai paesi in via di sviluppo. Le nostre ditte si sono trovate di fronte ad un dilemma: puntare tutto sulla qualità artigiana, oppure cercare di difendere/aumentare le proprie quote mercato? La maggioranza degli imprenditori ha scelto la seconda via, abbandonando il rapporto paternalistico con i propri dipendenti per prendere la via delle delocalizzazioni, dei tagli, delle ristrutturazioni che comportano un sempre maggiore ricorso ai licenziamenti e/o alla cassaintegrazione ed ai vari ammortizzatori sociali. Secondo il dettagliato dossier "SOS Marche" pubblicato oggi sul Manifesto, che analizza proprio l'attuale crisi locale, "a settembre il centro studi della Cgil ha comunicato che i lavoratori in cassa integrazione (ordinaria, straordinaria), in mobilità o sottoposti a contratti di solidarietà, nei primi sei mesi dell'anno, sono passati da 20.060 a 36.930, l'84% in più".
E non è ancora finita, presto a queste fredde percentuali si aggiungeranno altre unità, altre persone senza lavoro, per un motivo non ricollegabile ai meccanismi economici, bensì biologici. In questa situazione già problematica, molte ditte devono anche fare i conti con l'invecchiamento dei padri fondatori. Eh già, le nostre ditte sono nate più o meno tutte a cavallo degli anni 50/70, grazie alle intuizioni e alla volontà individuali dei vari patron che ora si ritrovano a dover fare (o aver già fatto) i conti con la vecchiaia e sora nostra morte corporale. Il passaggio generazionale è additato dagli esperti come uno dei momenti più critici per la continuità delle imprese, ed è tutto un fiorire di corsi di formazione e preparazione. Invano.
Proprio l'incredibile tenacia e determinazione che li ha spinti al successo li porta ora alla rovina, perchè i vecchi patron non hanno saputo delegare nel tempo autorità e competenze in base ad un criterio oggettivo, meritocratico: tipicamente, in una ditta marchigiana di stampo familiare non si entra nel ponte di comando a meno di non avere legami diretti di sangue o affetto con il "clan", e comunque le decisioni che contano vengono prese esclusivamente dal patron finchè la salute lo assiste, dopodichè passano ai suoi collaboratori più stretti, che in genere sono fratelli, figli, cognati. Altrettando tipicamente, le seconde generazioni non sono in grado di raccogliere il testimone, perchè non hanno la necessaria preparazione, o perchè mai coinvolti prima nelle decisioni, oppure semplicemente non interessati (magari la ditta di famiglia si occupa di elettronica e invece i figli si interessano di moda, di cinema, di turismo eccetera). Niente di male in tutto questo, basterebbe avere l'umiltà e la generosità di riconoscere che, anche se la ditta è nata per volere dell'imprenditore, non è un giocattolo da usare a proprio piacimento e sussistono anzi delle precise responsabilità nei confronti di tutti quelli che ci lavorano.
Come nelle antiche tragedie greche, la hubris originaria del fondatore causa il collasso dell'intera comunità: al ritiro del vecchio patron i "clan" imprenditoriali si sfasciano sotto la spinta dei contrasti interni, con gli attori che non riescono a trovare una linea comune e spesso cercano solo di accaparrarsi quanto più possibile, e le ditte, indebolite da delocalizzazioni e tagli, prima o poi si paralizzano per la mancanza di direttive chiare e infine chiudono oppure vengono assorbite da multinazionali o cordate di altri imprenditori, a cui magari preme solamente tenere il marchio, il know-how, ma non hanno alcun interesse nel salvaguardare posti di lavoro.
Molte sono le soluzioni proposte dagli analisti. Sono ignorante in materia e quindi non mi pronuncio in tema di economia, ma sto vivendo questa situazione dall'interno e personalmente credo che la disorganizzazione di queste nostre ditte, nate come piccole imprese artigiane e mai adattatesi ai nuovi livelli raggiunti, sia uno dei problemi più sottovalutati. Tutti infatti parlano di recessione economica globale, ma io, ad esempio, ho la scrivania piena di ordini e la mail strabordante di richieste da parte di clienti di ogni parte del mondo, eppure siamo ad un passo dalla chiusura: forse il peggior nemico delle piccole e medie imprese marchigiane si nasconde nella loro stesso DNA.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
15 commenti:
vedrai che fra una decina d'anni i cinesi verranno a studiare il modello marchigiano nella sua nascita, crescita, sfolgorazione (se po' dì?) e declino
declino che sta anche in quel pacco di lavoro che hai da fare e che interessa solo te
ne parlavo con un muratore rumeno qualche tempo fa: "questa crisi fa gola a tutti quelli che devono ripulire il personale scomodo, ristrutturare e andare a guadagnare altrove"
Una analisi dettagliata ed impeccabile, degna dei migliori economisti.
Non riesco a capire a chi ti rivolgi nello specifico :-))
anzi :-((
@ Danilo: sai com'è, è un pò che ci penso e cerco di capire come cavolo siamo arrivati a questa situazione allucinante
@ Maddechè: il tuo muratore c'ha ragione da vendere!
ciao
Sere
Perché siamo arrivati a questo punto? Troppo lungo dirlo in un commento. Se volete, vi mando una carrettata di cose scritte, non solo da me, che lo spiegano (e lo prevedono). La fine è iniziata almeno 15 anni fa, ma nessuno l'ha voluto vedere: coi "distretti" girano soldi (pubblici) a palate. E allora, i sindacati che si lamentano mi fanno un po' incazzare non poco. Sono stati loro i primi a difendere un "modello" decotto.
Ah, dimenticavo. Anche sul versante "passaggio generazionale" le previsioni erano state fatte: da un mio collega. Ma pure in questo caso si è preferito far finta di niente e affrontare il problema con insulsi corsi professionali.
Il fatto è che a teoria economica, checché se ne pensi, è cosa seria. Dice perché, non solo dove e quando. E il perché, dove e quando servono (dovrebbero servire) per metterci una pezza. Perché poi, non resta che la cronaca... Come l'ottima del mio amico Sergio Sinigaglia. Ma la cronaca si può fare solo a buoi scappati, purtroppo.
mariangela
P.S. maddeche, la Cina col modello marchigiano non ha niente a che spartire... La sua è tutta un'altra storia :-)
mariangela
Un "po'" incazzare "non poco"? Vabbé, togliete quello che preferite...
mariangela
in questi giorni stiamo assistendo al crollo Aethra, al crollo Frau..e chissà quanti altri rivoli...chiedono ottimismo, ma forse qui nelle Marche c'è da piangere. Non sono un economista_anzi vivo di parole e vengo dal mondo del divertimento_ma è davvero preoccupante come le aziende si stanno dapauperando, i figli sono cresciuti senza alcuna capacità..e la classe operaia marchigiana è morta..oppure la vedi ferma sotto un lampione col cellulare in mano..boh il mio commento non è servito a nulla..MA GRAZIE del tuo post...Bellizzimo
Proprio l'Aethra è una caso emblematico, Reds. La sua è una crisi finanziaria, non industriale. E nessuno ha saputo metterci una pezza.
mariangela
il mio riferimento ai cinesi stava nello scenario che vede un'economia immensa che può permettersi di sperimentare (o evitare) di tutto, compreso il modello marchigiano
e poi... siamo sicuri che nella sterminata provincia cinese non vi sia un operaio che fabbrica microchip e che alla sera zappetta il suo orto?
forse ha fatto uno stage a Fabriano...
Infatti cito l'Aethra perchè conosco tanti dipendenti di quell'azienda, che cosa fanno da anni, che gli sviluppi_anche innovativi_sono riusciti a portare avanti, lontani dall'informatica "usa e getta" che viviamo, ma assolutamente "sul mercato"...
Purtroppo Viezzoli era un buon ingegnere con spirito del fare e poi con occhio attento aveva preso il treno"sip" (facevano i doppini di TUTTI i telefoni che la SIP metteva nelle case degli italiani)..ma da lì non si è mosso: ha infarcito l'azienda di dirigenti e progetti vuoti cercando commesse stile "sip" e dando ai propri figli pochi schiaffi...
Comunque professoressa siamo alla frutta, e a 31 e con nessuna prospettiva, giuro tira il culo che "o si emigra o ciccia": e dire che provo a viver da sola, a vivere non decerebrata sul divano davanti alla tv..ma è tutto stra, stra duro. e vedere la regione in mano a 4 deficienti (uno viene da Fabrià) 3 affaristi incapaci e una marea di scemi col cellulare..ah quanto si diventa acide!!!buona giornata a tutte e tutti
Reds, non so perchè, sarà per le tue frequentazioni, ma ho come il vago sospetto che io e te ci conosciamo... scrivimi su serola.m@gmail.com che controlliamo :)
ringrazio tutti quelli che stanno contribuendo alla discussione, e vorrei aggiungere un paio di spunti di riflessione stavolta più personali, solo che il campo dei commenti è un po' strettino... verifico se è il caso di fare un nuovo post oppure le metto a puntate
maddeche, il modello marchigiano non è solo il contadino che di giorno fa scarpe e la resa munge le mucche. E' una cosa un po' più complicata. E, come diceva pure il buon Fuà "storicamente irripetibile". Tant'è che non è neppure esatto chiamarlo "modello" visto che non si può replicare, salvo che per circosatanze fortuite e non "costruibili" ad hoc.
Magari una volta o l'altra se volete ne parliamo. Anche con Reds che ha tutti i diritti, e i motivi, per essere incazzata (vieni a raccontare la tua esperienza in aula? Dico sul serio)
Ciao,
mariangela
...improvvisamente dislessica? La "sera", non la "resa"
mariangela
scusate sono stata lontana dal blog e non avevo visto che mi avevate risposto. Provvederò a farmi viva al più presto, ma prof mi scusi mi presento all'università e dico..signori mi aspetta la prof mariangela in aula :)?!?!.. io poi non sono un esempio tra i più stravaganti, mi sono sempre data da fare, vengo da studi liceali poi protratti in studi umanistici, padre e fratello studiosi di economia, e sempre una gran voglia di viverlo il mondo. Vengo dal modello marchigiano del darsi da fare, che non credo sia molto scientifico come termine, ma mi piace.
L'unica differenza che forse posso avere con persone con storie molto più emblematiche, è che mi sono sinceramente stancati di STARE ZITTA, e vedere come va a finire, se papà riuscirà ad imbucarmi da qualche parte, se mio fratello mi troverà qualche opportunità nella nazione_che non è l'Italia_dove si sta realizzando...meritiamo qualcosa di più e non come femmine_le quote panda, per pulirsi la coscienza_ma come 30 enni che desiderano vivere e non solo boccheggiare su una cyclette. Ce ne sarebbero una marea di cose da dire..basta mi fermo..grazie ancora per questo blog!!!
reds, scrivimiiii! :)
Posta un commento