martedì 7 ottobre 2008

Libri: Collodoro di Salvatore Niffoi

Giornate di scazzo cosmico, imperioso, inspiegabile... Oddio, in realtà sotto sotto potrei anche sapere a cosa è dovuto, ma non lo voglio ammettere, e quindi lo ammanto di mistero e arcano... Sono bravissima a spargere cortine fumogene, forse è per questo che già da piccola tutti a casa mi chiamavano "seppia"!

Mah, vabbè, queste sono considerazioni vanamente autoreferenziali, che vorrei lasciare da parte, in onore di Andrea... anzi, ho un'idea per salvare capra&cavoli: le prendo come punto di partenza da ampliare in senso generico ed anche un po' letterario. In pratica, voglio parlare di un libro. Premetto che sono una lettrice accanita, da sempre. Già da piccolissima ero affascinata dalle storie, e guai se il narratore di turno non si ricordava più i dettagli di quelle che inventava per saziare questa mia brama di racconti: ancora ho vivo il ricordo di una enorme delusione la volta che, a qualche giorno di distanza, chiesi a mia madre di narrarmi nuovamente la storia del martin pescatore che si ruppe il becco contro una pietra, e lei confessò di non ricordarsela più perché se l’era inventata al momento... probabilmente una delle prime frustrazioni insanabili della mia vita... che marmocchia rompiballe sono stata... (quasi quanto l'adulta di adesso...)

Comunque, dicevo che sono una lettrice onnivora e ingorda, leggo di tutto, dai saggi ai romanzetti (quando proprio sono in astinenza mi studio anche le etichette dei detersivi o dei cosmetici). Unico genere che proprio non reggo: le collane "rosa" tipo Harmony & Co., tutte 'ste storie d'amore trite e ritrite con, indipendentemente dalle coordinate spazio-tempo-culturali, una donna che è sempre bellissima e tormentatissima, un'omo-orso che è sempre macho fuori e tenerissimo dentro (una specie di immensa torta rustica ripiena alla melassa), e l'amore in trionfo che alla fine prevale su tutti i problemi e dissolve ogni incomprensione... Ma andate a cagare, va!!! Tolto questo genere, la mia biblioteca comprende un po' di tutto, e a tutto mi accosto senza grossi pre-giudizi, nel senso che i libri mi piace dapprima divorarli voracemente e barbaramente (senza sapere nulla - o il meno possibile – su trama e autore), e gustarmeli con calma dopo, una volta esaurita l'urgenza del finale, approfondendo anche il contesto.

Tutto 'sto popò d'introduzione per parlare dell'ultimo romanzo che ho letto, ovvero Collodoro, di Salvatore Niffoi.

Ambientato nell’entroterra sardo in un periodo imprecisato che per me potrebbe benissimo essere collocato fra il dopoguerra e l'altroieri, è la vicenda corale di un villaggio e dei suoi abitanti, alle prese con il progetto di una discarica da collocare fra le loro montagne. Fra tutte, in primo piano c’è la storia di Antoni Sarmentu, che, colpito dal fulmine, acquisisce il talento singolare di poter vedere nel cuore degli uomini.

A mio personalissimo (e quindi insindacabile) giudizio, mi è piaciuto ma si tratta di una storia che mi sarebbe piaciuta moltissimo... narrata in modo diverso! Adesso non vorrei ferire l'orgoglio degli internauti sardi che dovessero imbattersi in questo post, ergo prima di proseguire ribadisco che non sono un critico letterario: espongo solo mie impressioni basate su una lettura istintiva e naif, con l'unica linea guida del mio gusto personale.

Detto questo, ho trovato eccessivo il continuo ricorso all'idioma sardo (tratteggiare la realtà locale anche dal punto di vista sonoro va benissimo, ma il piccolo glossario finale contiene a malapena metà di quello che sarebbe necessario per uno del "continente") e le descrizioni troppo cariche di aggettivi, onomatopee, metafore e lirismi, che rendono la lettura un po’ faticosa. Inoltre, un po' pesante mi è sembrato anche il continuo interscambio fra personaggi "terreni" ed elementi mitici e magici, non tanto nella figura della Madonna di Gonare (che fonde archetipi pagani e cristiani in una simbiosi sempre mutevole ma coerente) o in alcuni episodi densi di echi arcani (tipo quello del ritrovamento delle statuette pagane), quanto nelle innumerevoli apparizioni, epifanie, voci incorporee, miracoli... Ad un certo punto ci si ritrova in mezzo a divinità antiche, statue, giganteschi arcieri di bronzo multiarti, fantasmi, zombi, eccccccheè? Vabbè che le culture popolari, pastorali e contadine, mantengono vive le tradizioni antiche con i loro miti e le loro magie, e capisco che l'autore probabilmente vuole simboleggiare il fatto che in quel momento tutta la Sardegna passata presente e futura si stringe attorno alla popolazione, ma così sembra piuttosto che i popolani di Oropische soffrano di allucinazioni collettive!

Questo alla prima lettura. Alla seconda sono rimasta più o meno della stessa opinione, ma ho potuto apprezzare di più le note biografiche disseminate nella storia e la bravura nell'intersecare le diverse vicende umane portandole infine a comporsi in un unico grande ritratto. Tutto sommato, un libro che mi ha incuriosito, credo che mi toccherà leggermi un altro romanzo di Niffoi...

Qui si può leggere una recensione diametralmente opposta alla mia, che esalta soprattutto quello che a me invece non è piaciuto. Il bello dei libri è questo: chi li scrive non sa mai cosa ci vedrà poi il lettore! Ajò!

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